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Pat Metheny Group – The Way Up

Musicista poliedrico, esploratore delle più svariate forme musicali, Pat Metheny ha sempre affiancato alle produzioni di più facile e immediata fruizione lavori in ambiti sonori di confine: per citare solo due esempi, il celebre Song X del 1985 al fianco di Ornette Coleman e la sua armolodia, e l’ancor più sconvolgente e pressoché rumoristico Zero Tolerance For Silence del 1994.

Questo The Way Up, elaborato in stretta collaborazione con il fido Lyle Mays, da sempre al fianco del chitarrista americano, sembra in qualche modo cercare (e trovare) una sintesi tra le due tendenze: se da un lato sono in più punti ben evidenti i caratteristici percorsi melodici e gli sviluppi armonici che da tempo rendono immediatamente riconoscibile il PMG, dall’altro canto l’ambiziosa costruzione in forma di lunghissima suite divisa in tre parti (più l’iniziale Opening) per una durata complessiva di 68 minuti, e soprattutto la pulsazione ritmica tipicamente minimalista, che innerva larga parte dell’opera, richiamano senza alcun dubbio a Steve Reich.

Giova ricordare, a questo punto, che le strade ben diverse di Steve e Pat si incrociarono nel 1989 (compositore il primo, esecutore il secondo) per la pubblicazione, anche allora con etichetta Nonesuch, di Electric Counterpoint per 13 chitarre (!) in sovraincisione. Evidentemente il ricordo di quell’esperienza ha lasciato semi che hanno generato a distanza di ben 16 anni i loro preziosi frutti, con il compimento di questo impegnativo e ben meditato progetto.

Il risultato è un affresco sonoro emozionante, una costruzione ampia e articolata ma sempre godibile, senza essere per questo prevedibile o scontata. The Way Up è l’ennesimo dei tanti colpi di scena a cui Pat ci ha abituato, un bellissimo disco, una prova di maturità e freschezza creativa per un gruppo la cui longevità artistica supera il quarto di secolo.

1. Opening
2. Part One
3. Part Two
4. Part Three

Pat Methenyguitars
Lyle Mays – piano, keyboards
Steve Rodby – bass
Antonio Sanchez – drums
Cuong Vu – trumpet, voice
Gregoire Maret – harmonica
Guests:
Richard Bona – percussion, voice
Dave Samuels – percussion

Marbin – Breaking The Cycle

MJR 038

Ha il piacevole gusto datato di un buon vinile, questo “Breaking The Cycle”. Il repertorio è vario e accattivante, con una riuscita alternanza fra momenti strumentali più liberi ed energetici (la track di apertura Loopy, con grande sfoggio di eloquenza in timbri metheniani della chitarra di Dani Rabin, o il divertente blues Bar stomp), e fasi in cui prevale la tendenza ad aperture melodiche all’interno di strutture molto semplici (come Outdoor revolution, dove il sax di Danny Markovitch declama una vera e propria linea di canto, o Western Sky in forma di “canzone senza testo”), con il picco nella malinconica ballata di chiusura, Winds of Grace, con l’ospite vocalist Daniel White a richiamare alla mente immagini in puro stile “late sixties”.

Ben supportati da una ritmica prestigiosa (Wertico e Rodby non hanno bisogno di soverchie presentazioni), i due Marbin confezionano un prodotto di giusta misura nel minutaggio (43′ circa, due facciate di LP… ma questo l’ho già detto), non pretenzioso, lineare e piacevolmente resistente anche al ripetuto ascolto.

Track Listing: Loopy; A Serious Man; Mom’s Song; Bar Stomp; Outdoor Revolution; Western Sky; Burning Match; Claire’s Indigo; Snufkin; The Old Silhouette; Winds of Grace.

Marbin is Dani Rabin guitar &  Danny Markovitch saxophone

with Paul Wertico: percussion; Steve Rodby: bass;

special guests Jamey Haddad: percussion; Matt Davidson: vocals; Leslie Beukelman: vocals; Daniel White: vocals; Makaya McCraven: drums.