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Stefano Costanzo – Tricatiempo (2013)

costanzo

  Auand AU9034 (2013)

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Titolo accattivante, mutuato della lingua napoletana antica (tricare=saper attendere il momento giusto), questo “Tricatiempo” vede come leader il batterista Stefano Costanzo, strumentista dalla solida e fantasiosa tecnica, che firma come autore ben sette degli otto brani che compongono il disco. Si apre con Timanfaya, dove l’iniziale spunto di elettronica è ben presto sostenuto da un riff di basso sul quale si innesta il poderoso lavoro chitarristico di Marcello Giannini, essenziale sia in fase ritmica, a coadiuvare gli svolazzi dell’ospite Luca Aquino, che negli insinuanti fraseggi.

Atmosfere più eteree in Candelaria, dalla tessitura landscape, in cui i suoni si avvitano compiaciuti e rifiutano sviluppi lineari. Si continua con Aion, dalle delicate cadenze di ballad e stranamente (?) consonante nel suo svolgimento, a parte un breve cambio di passo che sembra presagire una svolta più serrata, rapidamente vanificata da un finale nuovamente sommesso.

Ancora in punta di dita Noumeno, dall’andamento rilassato e caratterizzato da incisivi e misurati interventi solistici del vibrafono di Marco Pezzenati, e poi ancora della sei corde di Giannini.

Il percorso sonoro ritorna ad essere più attonito e contemplativo nelle successive Orchidea, dove la componente elettronica è l’elemento sostanziale, e Duente, con tromba in stile Hassell, e percussioni ad assecondare il gioco degli echi.

Ancora un’incursione nella solidità e robustezza con Drakeiana, forse l’episodio più strutturato e trascinante, e poi, quasi a voler racchiudere il tutto in una struttura circolare, il disco chiude con una diversa versione/parte/stralcio di Timanfaya, trattata stavolta in maniera più introversa ed astratta, con l’ostinato tappeto elettronico su cui viene giocata una raffinata e angolosa tessitura ritmica, ad intrecciare ancora l’efficace intervento della tromba di Aquino.  

La sensazione complessiva è quella di una rilettura fresca e contemporanea degli stilemi jazz-rock, riccamente integrati dall’uso dell’elettronica, mentre appena accennati sembrano i richiami post o prog. Una valida filiazione dell’esperienza Slivovitz, in cui tre dei quattro componenti sono stati/sono coinvolti a vario titolo, firmando fra l’altro (nel 2009) l’eccellente Hubris, a suo tempo recensito su questo blog.

01. Timanfaya
02. Candelaria
03. Aiôn
04. Noumeno
05. Orchidea
06. Duente
07. Drakeiana
08. Timanfaya (outro)

Stefano Costanzo drums, Fender Rhodes on#3
Marcello Giannini guitar
Marco Pezzenati vibes
Daniele Sorrentino electric bass
guest
Luca Aquino trumpet & live electronics on #1, 6, 8

Slivovitz – Bani Ahead

bani

Moonjune records MJR039 – 2011

Alla terza prova discografica, gli Slivovitz consegnano alle stampe Bani Ahead, anche stavolta un lavoro di buona qualità. La spumeggiante, ispirata e forse irripetibile baldanza dell’ottimo Hubris (nomen omen), lascia qui il posto ad una maggiore compattezza d’assieme. Permane una positiva attitudine ad esplorare e rielaborare percorsi di alta qualità, con un taglio personale ed uno “stile” ormai definito nei suoi tratti fondamentali: Balcani, Mediterraneo, jazz-rock e qualche spruzzo, più o meno conscio, di prog 70 e rock in opposition.

Tra gli episodi più riusciti, e per certi versi sorprendenti, due momenti meditativi: la parte centrale di Egiziaca, tromba echeggiante in stile Davis elettrico su tappeto chitarristico;  e Opus Focus, ben curato a livello compositivo, e  molto bello nel suo incedere cameristico.
Com’è ovvio, numerose le fasi ad alto tasso energetico: citiamo Cleopatra Through, con un bel solo centrale di Riccardo Villari e l’incalzante chiusura affidata al sax di Pietro Santangelo, la coinvolgente title-track (Dr. Nerve in salsa Bregovic?), e il febbrile ed angoloso sviluppo di 02-09, che mette in luce un intricato fraseggio chitarra-sax-tromba, incastonato fra un sommesso incipit ed una chiusura altrettanto diluita.
Ancora rilassato e disteso il brano finale, Pocho, che sa più di bossa che di tango (come ci si aspetterebbe dal titolo…), ma va bene così.

Alfonso Tregua

P.S. : se vi capitano a tiro, dal vivo sono energia allo stato puro…. non perdeteli

1. Egiziaca (6:57)
2. Cleopatra Through (5:23)
3. Fat (5:03)
4. Vascello (6:05)
5. 02-09 (5:37)
6. Opus Focus (3:51)
7. Bani Ahead (5:20)
8. Pocho (5:51)

Line-up / Musicians

– Domenico Angarano / Bass Guitar
– Derek di Perri / Harmonica
– Marcello Giannini / Guitar
– Salvatore Rainone / Drums
– Ciro Riccardi / Trumpet
– Pietro Santangelo / Tenor & Alto Sax
– Riccardo Villari / Violin

Slivovitz – Hubris

026

MJR026

(2009)

Seconda prova discografica per il combo napoletano, che a distanza di cinque anni (in realtà solo tre, se consideriamo le date di registrazione) dall’album d’esordio mostra di aver affinato ulteriormente le già notevoli armi tecniche, e soprattutto fortificato le trame compositive, concise e riccamente articolate al tempo stesso, giuste nel minutaggio.

Nei nove pezzi che costituiscono il corpus principale di questo Hubris, il gruppo, ampliato a settetto con l’inserimento della vocalist Ludovica Manzo, mette a punto un percorso sonoro lucido, che dipana dalle mille influenze (dichiarate e no) una coerente e personale trama meticcia.

Il viaggio parte in quarta, con un possente giro di basso ad introdurre una Zorn a Surriento (già il titolo è da applausi…) che non sfigurerebbe nel monumentale repertorio Masada, e arriva a destinazione al ritmo funky-vintage di STRESS, con testo cantato/declamato dal sassofonista e front man Pietro Santangelo.

Nel mezzo, il gustoso mix african-hawaian-progressive di Caldo Bagno, punteggiato da eleganti melismi e da un efficace guitar solo, l’ombra dei Lounge Lizard nell’andamento zoppicante e astratto (monkiano?) di Mangiare, le sommesse memorie canterburiane in Errore di Parallasse e Né carne Né pesce, l’esplicito e movimentato omaggio agli eccezionali ungheresi Besh o droM (Dammi Un Besh O) con  il violino di Villari e l’armonica “sporca” di Di Perri in evidenza.

I sette strumentisti (ché anche la vocalist agisce in tal senso) mostrano una compattezza notevole, dividendosi gli spazi solistici con parca e paritaria misura, il che giova decisamente alla qualità e all’impatto coinvolgente del prodotto finale.

A completare il CD, con inconsueta scelta produttiva, tre brani provenienti dal primo disco, rimasterizzati per l’occasione.

Alfonso Tregua

  1. Zorn a Surriento (Pietro Santangelo) (4:49)
  2. Caldo Bagno (Giannini / Manzo ) (7:31)
  3. Mangiare (Pietro Santangelo) (5:40)
  4. Errore di Parallasse (Stefano Costanzo) (5:58)
  5. Né Carne (Marcello Giannini) (4:02)
  6. Né Pesce (Marcello Giannini) (4:32)
  7. Dammi Un Besh O (Marcello Giannini) (6:13)
  8. CO2 (Domenico Angarano) (3:57)
  9. Sono Tranquillo Eppure Spesso Strillo (Pietro Santangelo) (4:44)

10.  Canguri in 5 (Giannini / Santangelo) (8:45)*

11.  Tilde (Stefano Costanzo) (8:53)*

12.  Sig. M. Rapito dal Vento (Angarano / Di Perri / Giannini / Santangelo) (5:47)

Domenico Angarano electric bass, fretless bass;

Stefano Costanzo drums and percussion;

Marcello Giannini electric guitar, acoustic guitar;

Ludovica Manzo vocals;

Derek Di Perri harmonica;

Pietro Santangelo alto saxophone, tenor saxophone, vocals;

Riccardo Villari violin

with guests:

Giovanni Imparato percussions and vocals (Caldo Bagno);

Marco Pezzenati vibraphone (Mangiare);

Ugo Santangelo Acoustic Guitar (CO2)

Recorded in Naples, Italy in 2007, except * recorded in 2004.
Produced by Slivovitz & Luca Barassi