Riguardando nell’assieme il cartellone 2013 di Pomigliano, risulta evidente nelle scelte la prevalenza, per gli eventi principali, di artisti giunti ormai alla terza età. D’Andrea, Shepp, Rava viaggiano tutti oltre la settantina, e il decano Benny Golson, di cui vi diremo fra poco, conta 84 primavere (molto ben portate, a dire il vero). Nulla di personale, per carità, tutti mostri sacri, ma provare a dare spazio anche alle nuove generazioni nelle prossime edizioni non sarebbe male. Non più di un mesetto fa, a Roccella Jonica, abbiamo potuto ascoltare in due diverse serate le esibizioni di Enrico Zanisi e Mattia Cigalini, poco più che ventenni ma già senz’altro all’altezza di sostenere palchi importanti.
Tornando alla cronaca, il concerto del Benny Golson quartet: accompagnato da una sezione ritmica di routine approntata per l’occasione, con l’onnipresente (qui a Pomigliano) Aldo Vigorito al basso e il batterista Claudio Romano, il leader ha mostrato un suono ancora morbido nel soffiato e preciso nel registro medio. In qualche momento l’interplay ha difettato, come è normale in questi casi, ma non sono mancati episodi molto ben riusciti, come l’esecuzione dei classici Along Came Betty, preceduto da un siparietto forse un pò lungo dove Benny ha sfogliato l’album dei ricordi, Whisper Not e soprattutto I Remember Clifford, toccante omaggio alla breve parabola del grande trombettista.
Nel canonico svolgimento con esposizione tematica e sequenza di assolo, dove ovviamente per centelllinare le energie Golson ha lasciato ampio spazio ai compagni di serata, si è messo in chiara evidenza il quarto componente del gruppo, il pianista Antonio Faraò, con un fraseggio dinamico e al tempo stesso assai fluido. Un concerto mainstream classico, nulla di più, ma interessante per aver dato l’opportunita di vedere all’opera un pezzo importante della storia del jazz.