Archivio mensile:giugno 2017

Vince Abbracciante – Sincretico

Dodicilune ED370

A breve distanza dal ben riuscito MPB! Vince Abbracciante torna alle stampe con un progetto assai diverso, che lo vede ancor più protagonista in quanto compositore di tutti gli otto originali in scaletta. Si conferma anche in questo lavoro, dove l’organico è esclusivamente strumentale, il periodo fecondo di creatività che il fisarmonicista di Ostuni sta vivendo.

Il sostegno del sestetto (classico quartetto d’archi, più contrabbasso e chitarra) gli permette di alleggerirsi dal lavoro di riempimento e dedicarsi ad un maggior utilizzo del registro medio alto e del fraseggio, leggero e swingante in Equinozio e nella title track. Il sapore francese della delicata ballad Elementi, dove si lascia ampio spazio anche alla sei corde di Nando di Modugno, si ritrova anche nella successiva e più movimentata Anelito.

L’ostinato incipit di Mistico si sviluppa in uno svolgimento dall’andamento complesso e variegato, dove si alternano fasi ritmate a momenti più assorti, con un gran bel solo dove Vince parte sperimentando con misura anche qualche tocco discordante, per poi riempire gradualmente lo spazio sonoro fino al possente ingresso conclusivo degli archi.

Danze strizza l’occhio ai ritmi e agli andamenti di certa musica popolare mediterraneo-balcanica, probabilmente inscritti nel DNA del leader; le due conclusive tracce mettono in luce anche brevi echi di camerismo contemporaneo misto all’immancabile tango, come in Solstizio, caratterizzata principalmente dall’intervento di Giorgio Vendola, con un bel bass solo che nel suo evolversi, nell’uso dell’eco e nel timbro dell’archetto ricorda il grande Glen Moore. A chiudere il cerchio, così come Danze, Rapsodica tiene fede al titolo nel suo andamento frammentario, quasi un compendio dei materiali sonori utilizzati nell’intero album.

1 – Equinozio
2 – Sincretico
3 – Elementi
4 – Anelito
5 – Mistico
6 – Danze
7 – Solstizio
8 – Rapsodica
All compositions by Vincenzo Abbracciante (Dodicilune edizioni)
Vince Abbracciante – accordion
Nando Di Modugno – guitar
Giorgio Vendola – double bass
Alkemia Quartet
Marcello De Francesco – violin
Leo Gadaleta – violin
Alfonso Mastrapasqua – viola
Giovanni Astorino – cello

Machine Mass – Plays Hendrix

MJR 084 (2017)

Chitarrista fra i più inventivi della generazione “di mezzo” nell’ambito jazz-rock-prog, Michel Delville ha progressivamente incrementato il bagaglio tecnico, l’arguzia nella ricerca timbrica, ma soprattutto l’approccio che fa della libertà espressiva la chiave per giungere ad un suono coinvolgente, ricco di potenza e raffinato al tempo stesso.

Le tappe del suo percorso musicale sono scandite da numerosi eventi fondativi, concretizzati in numerose band fra le quali ricordiamo The Wrong Object, medio combo del quale si trovano eccellenti prove discografiche, a partire dell’incontro con un autentico gigante del genere, il mai abbastanza compianto Elton Dean, documentato in The Unbelievable Truth. A seguire, ancora più maturo e convincente Stories from the Shed e in tempi più recenti After the Exhibition.

Veloce cenno merita anche douBt, formazione in trio strutturata in modo analogo a quella del disco del quale parleremo a breve. Anche qui due Cd di notevole spessore, Never Pet a Burning Dog e Mercy, Pity, Peace and Love, dove già troviamo un germe del progetto su Hendrix qui realizzato, con una prima versione di Purple Haze.

E infine Machine Mass, attuale trio dove il drummer è sempre (come in douBt) Tony Bianco, mentre le tastiere sono affidate ad Antoine Guenet, che rileva Alex Maguire. L’assunto è esplicito nel titolo, il repertorio è celeberrimo ma il risultato è comunque fresco, e caratterizzato dalla cifra stilistica del chitarrista belga, dove istinto e controllo vengono convogliati in un percorso che sfocia in un’energia che, pur mantenendosi sostanzialmente fedele alle atmosfere della psichedelia tipica dell’epoca, con masse sonore che ricordano a tratti anche Sun Ra (citato dallo stesso Delville nei ringraziamenti), riesce a riequilibrare la “datazione” con sonorità, stile e scelte armoniche in più punti sorprendenti.

Com’è ovvio, le cose più belle sono i guitar solo, fin dall’apertura di Third Stone From The Sun, impossibile citarne uno a discapito dell’altro. Il drumming di Tony Bianco fornisce il sapore più jazzistico (l’intro di Purple Haze, ad esempio), ed anche la necessaria propulsione in battere. Più defilato,  Antoine Guenet ha comunque modo di mettersi talora in evidenza, ad esempio fornendo corpo e sostanza “organica” al suono in Spanish Castle Magic, e nella successiva Fire.

Per dichiarata scelta produttiva, i brani sono proposti nella sequenza di registrazione, e in pratica non editati, quasi a voler rendere integralmente la sessione, con le inevitabili (seppur piccole) imperfezioni di un quasi-live dove la componente improvvisativa trova ampia applicazione. Forse qualche taglietto in più (pensiamo ad esempio a You Got Me Floating) avrebbe giovato alla scorrevolezza dell’ascolto, ma trattasi di gusti personali, e come tali del tutto opinabili. Resta comunque un disco intenso, ricco di spunti godibili e dotato di grande spinta. Play it Loud.

MICHEL DELVILLE guitar, Roland GR09, loops, stylophone, electronics, samples
TONY BIANCO drums, percussion
ANTOINE GUENET keyboards, synth, acoustic piano

Third Stone From The Sun; Purple Haze; Little Wing; Spanish Castle Magic; Fire; Voodoo Chile; Burning of The Midnight Lamp; You Got Me Floatin’; The Wind Cries Mary