A conclusione di un processo compositivo durato sei anni circa, il terzo volume di “Musica Mantecata” vede all’opera sei solisti di diversa estrazione, fra cui l’autore Marco Giaccaria, che improvvisano su stralci di elettronica provenienti dal secondo omonimo volume, di cui si è già parlato qui.
La partenza è potentissima, con la sei corde elettrica di Damir Nefat lanciata in una scorribanda power metal di grande intensità, che sfumando lascia posto alle compassate atmosfere etniche disegnate dall’oud di Sergio Pugnalin, in un episodio impeccabile dal punto di vista dell’integrazione con il tappeto sonoro originario.
Un breve “interludio” di drum machine e tastiere sintetiche introduce il solo del leader, che sceglie i suoni taglienti del violino elettrico e costruisce una trama fascinosa e cangiante, a tratti dal sapore vagamente orientale.
Ancora una pulsante cesura (“whà?”) fra gli string solos, e poi tocca al contrabbasso di Enrico Fazio, che muove la sua cavata nitida e libera su una fluida base percussiva, confluendo nell’episodio successivo, dove con lentissimo incedere Paolo Avanzo apre un classico raga, affiancando a tratti il canto armonico al suono del sitar. In graduale e canonica progressione ritmica, la splendida e ipnotica performance si chiude dopo 16′ circa.
Ultima breve “intermission” e infine la chitarra elettrica di Claudio Lodati, che firma l’episodio forse più intransigente dell’intero disco, un solo febbrile caratterizzato da fraseggio spezzettato e momenti alle soglie del rumore, in cadenze para-free-jazzistiche.
Brevissimo ed enigmatico “postludio” in chiusura, per un ottimo lavoro che compendia e a nostro avviso supera il pur validissimo volume precedente, grazie al determinante apporto di dita, corde vocali, talento e ispirazione, elementi non surrogabili da qualsivoglia elettronica.
Ah, come al solito, tutto gratis e in alta fedeltà: il link è qui. Buon ascolto, fidatevi.
Alfonso Tregua