di Alfonso Tregua
Bello e potente nell’impatto, che miscela con onnivora disinvoltura massicce sonorità chitarristiche di stampo hard con i timbri di tastiere tipicamente seventies (Farfisa e ARP fra le altre), questo DO5 apre interessanti spiragli nella costruzione di un prog contemporaneo, esclusivamente strumentale, fresco e coinvolgente.
La trama è ruvida, non si lavora di cesello ma in questi casi è un bene, il prodotto ne guadagna in immediatezza. Non mancano opportuni spunti di follia controllata, come il finale “surf” di You’re Meshugah!, ad arrricchire e variare una costruzione complessiva che trova le sue principali fonti di ispirazione in contesti assai diversi e temporalmente lontani (si colgono echi e colori zappiani e crimsoniani, fino a giungere a sprazzi che richiamano, sviluppandola in direzioni meno opprimenti e monocordi, la cupezza di gruppi come Mono o Mogwai).
Stupenda l’incalzante Medicine Missile, ottima la lunga suite T-Tigers & Toasters, ma su tutto svetta la conclusiva Loveset, epica e solenne, un trip di sei minuti che coniuga le atmosfere psichedeliche dei primi Pink Floyd con una linea melodica in stile Sigur Ros, per poi chiudere con timbri chitarristici bassi e distorti, che si spengono alle soglie del rumore.
Un disco che regge alla prova di più ascolti, un gruppo che promette interessanti evoluzioni…. saremo lì a seguirle.